giovedì 19 aprile 2012

LE FESTIVITÀ NAZIONALI: COSA DICE IL CONTRATTO DEL COMMERCIO

Si avvicinano le festività nazionali del 25 aprile - Ricorrenza della Liberazione - e del 1° maggio - Festa dei lavoratori e come ogni anno ai dipendenti del commercio di tutta Italia, oggi alle prese con gli effetti delle liberalizzazioni decise da decreto "Salva Italia" di Monti, viene richiesto il solito sforzo in più: la rinuncia ad un'altra giornata da passare con la propria famiglia, a riflettere sul significato storico e - perchè no - politico delle suddette festività o semplicemente a riposarsi.
Quest'anno l'apertura dei negozi il 25 aprile tocca a Rovereto, una delle città trentine che più di altre ha dato il proprio contributo di sangue alla lotta di liberazione, che ha intitolato una delle sue vie più importanti a Bettini - martire socialista della Resistenza - e che si vanta ancora d'essere "Città della pace".
Al di là delle considerazioni sociali e politiche che pone quello che a tutti gli effetti risulta essere il mancato rispetto di una Festività nazionale, in una comunità che risulta  sempre più priva di legami e radici fondanti, è doveroso ribadire come il Contratto del commercio parli chiaramente, all'art. 142,  in difesa del diritto dei lavoratori ad astenersi dal lavoro durante le festività nazionali.
In base all'art. 142 le festività che dovranno essere retribuite sono quelle  del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno (Festività nazionali) il 1à giorno dell'anno, l'Epifania, il giorno di lunedì dopo Pasqua, il 15 agosto, il 1° novembre, l'8 dicembre, il 25 dicembre, il 26 dicembre e la solennità del Patrono del luogo ove si svolge il lavoro (Festività infrasettimanali). Lo stesso contratto riferisce come : "In relazione alla norma di cui al primo comma del presente articolo, nessuna riduzione o trattenuta sarà operata sulla retribuzione di fatto ai lavoratori in conseguenza della mancata prestazione di lavoro nei giorni sopra indicati".
In buona sostanza, l'azienda può scegliere di aprire l'esercizio commerciale durante le festività sopra riportate in conformità con le aperture decise a livello comunale, ma i lavoratori  hanno ugualmente il diritto a comunicare al datore di lavoro la propria indisponibilità a lavorare, senza per questo andare incontro a sanzioni disciplinari di alcun tipo.
La UIL TuCS del Trentino, rimane quind a disposizione per chiarimenti in merito e per una corretta appliazione del contratto in vigore.

LA DOMENICA STANNO CHIUSI, IL FATTURATO AUMENTA

Senza aver chiuso nemmeno un punto vendita né aver forzato per l'applicazione delle liberalizzazioni più o meno salvifiche del decreto Monti, le 400 Famiglie cooperative trentine – secondo i dati presentati dal responsabile al consumo Giuseppe Fedrizzi sulle colonne de “L'Adige” - presentano dati positivi di vendita anche nei primi mesi del 2012 (+ 2%) avendo chiuso il 2011 con un convincente + 3%. É questa la migliore risposta a chi – per presa di posizione ideologica- professa la necessità delle aperture continue per uscire dalla crisi e creare nuovi posti di lavoro.
Le Famiglie cooperative del Trentino, offrono contratti di lavoro regolari in piena applicazione del contratto della cooperazione appena rinnovato e danno lavoro a qualcosa come 2.250 addetti. Ma il dato più interessante, rispetto a quanto affermato da Fedrizzi, è il valore dei piccoli punti vendita in un territorio dalla complicata orografia come quello trentino. Questi esercizi, diffusi in modo capillare nelle vallate trentine, hanno infatti fatto meglio – a livello di fatturato – rispetto ai grandi supermercati. Un dato che rivela come l'attuale rete di distribuzione delle famiglie cooperative sia più conforme alle abitudini di consumo dei trentini, rispetto ad un modello di sviluppo commerciale basato sui grandi centri commerciali e sull'apertura continua degli esercizi.
Al Trentino insomma, non conviene, dati alla mano, importare il modello “padano veneto” della grande distribuzione e degli ipermercati sempre aperti. Piuttosto, pare interessante la prospettiva di sviluppo di negozi multiservizi, volti a garantire – oltre a possibilità di spesa senza dover fare troppi chilometri – anche servizi di prossimità ai cittadini delle valli. Del resto, appare completamente inutile, sull'onda di un entusiasmo irrazionale per le liberalizzazioni di Monti, snaturare completamente un modello economico come quello trentino che ha prodotto – a tre anni dall'inizio della peggiore crisi economica del dopoguerra – un tasso di disoccupazione del 3,7 % a fronte dell'oltre 7% registrato in Veneto e del 6% della Lombardia. (Vassilios Bassios, Mauro Baldessari, Matteo Salvetti)

venerdì 13 aprile 2012

CORSA AL LAVORO DOMENICALE: PAM DÀ I NUMERI

Non regge alla prova dei fatti la posizione di PAM riguardo alla presunta “corsa al lavoro domenicale”. La mossa di PAM sembra infatti più volta ad aumentare la pressione sull'opinione pubblica, affinché anche in Trentino vengano applicate le liberalizzazioni totalizzanti previste dal decreto Monti, che non a garantire nuovi e ben pagati posti di lavoro ai tanti studenti che ne avrebbero fatto richiesta.
Conti alla mano, senza volerci addentrare nella polemica relativa all'attuazione del decreto Salva Italia in Trentino e della conseguente possibilità di apertura dei negozi per tutto l'anno, non si comprende infatti come PAM sia arrivata a calcolare, per uno studente assunto con un part time a otto ore solo alla domenica, una retribuzione di 400 Euro, a meno di non voler aggiungere qualche domenica alle solite quattro.
In base al contratto del commercio infatti, tabelle retributive alla mano, per un contratto di lavoro così fatto uno studente andrebbe a guadagnare non più di 300 Euro lordi mensili, comprensivi di rateo TFR. Se poi davvero, per tali contratti “domenicali” fatti ad hoc per quattro giornate mensili, PAM fosse disposta a pagare 400 Euro, i dipendenti in forza, a tempo pieno, dovrebbero ricevere retribuzioni mensili per oltre 2.000,00 Euro. In tal caso la UILTuCS del Trentino sarebbe disponibile da subito a firmare un contratto integrativo volto a garantire tali maggiorazioni a tutti i dipendenti. Non è dato poi sapere per quale motivo Davide Carrier, direttore del punto vendita di Trento, non voglia, almeno in una fase iniziale, usufruire delle 11 domeniche di apertura in deroga comunque previste a livello provinciale: decisione questa che fa sorgere più di una perplessità sulle reali intenzioni dell'azienda veneta.
Da un punto di vista organizzativo, non è inoltre chiaro quale qualifica PAM voglia assegnare ai lavoratori studenti. Non potrà certo trattarsi di figure professionali qualificate, con mansioni specifiche, che – essendo già in forza e insostituibili – sarebbero le prime alle quali richiedere nuove e indesiderate prestazioni di domenica.
In ogni caso, siamo davvero sicuri che bastino le aperture domenicali a garantire l'aumento dei consumi e l'uscita dalla crisi ? Alla fine non si redistribuirà solamente lo stesso budget familiare di spesa su sette giorni anziché su sei?

mercoledì 11 aprile 2012

FALLIMENTO SCHLECKER: CONSEGUENZE IN ITALIA E PROSPETTIVE FUTURE

Nonostante la ditta tedesca Schlecker abbia dichiarato lo stato di insolvenza nello scorso gennaio, non sono previste conseguenze per i dipendenti impiegati nelle filiali italiane. Il ramo d'azienda internazionale di Schlecker rimane infatti escluso dal fallimento e sembrerebbe proseguire in modo indipendente e regolare, con bilanci redditizi.
Ben diversa la situazione in Germania dove ad aprile Schlecker ha licenziato 11.000 lavoratori. La sorte dei rimanenti 13.500 dipendenti è legata alle offerte in corso per rilevare l'azienda, con un prezzo di vendita superiore ai cento milioni di Euro. A tale proposito, il curatore fallimentare Arndt Geiwitz, ha dichiarato di aver ricevuto 5 offerte importanti. Tra queste, almeno inizialmente, sembrava favorita l'offerta del gruppo tedesco Droege International Group poi accantonata a favore della proposta d'acquisto avanzata dal gruppo d'investimento ceco-slovacco Penta. Come afferma il Frankfurter Rundschau quest'ultimo gruppo non sembra godere di una buona reputazione, a seguito di episodi di corruzione e commistioni  politiche in Slovacchia. Se l'offerta di Penta fosse accettata, poco spazio verrebbe lasciato ai figli di Anton Schlecker nella gestione della futura azienda: per loro solo un ruolo simbolico.
Arndt Geiwitz, in ogni caso, ritiene vicina la chiusura delle trattative per la vendita di Schlecker, che dovrebbero concludersi entro la fine di maggio. Dure le richieste del curatore fallimentare ai lavoratori rimanenti, che dovranno in ogni caso rinunciare al pagamento di straordinari, premi e gratificazioni natalizie nella conduzione aziendale subentrante. Ver.di, il sindacato che sta seguendo in Germania le trattative legate al fallimento di Schlecker, pone condizioni completamente opposte.
Chiedendo garanzie per la conservazione di tutti i posti di lavoro e della rete di filiali in essere, ritenendo la precedente cattiva gestione di Schlecker, azienda nota per la propria condotta antisindacale, all'origine dello stato di insolvenza. A tale proposito il sindacato tedesco chiede espressamente che i responsabili del fallimento non possano più avere alcun ruolo nella gestione futura dell'azienda subentrante, con chiaro riferimento ai membri della famiglia Schlecker che nelle scorse settimane sembravano propensi ad accettare proposte di acquisto anche a prezzo inferiore, pur di conservare un ruolo nella nuova impresa. Una cosa sembra tuttavia certa: tra le cinque ultime offerte d'acquisto nessuna è stata avanzata da ditte tedesche.
Schlecker italia, tramite il proprio sito, ha affermato che “grazie ad un accordo con i fornitori l'approvvigionamento della merce in Italia da parte della Germania continua ad essere assicurato. L'attività commerciale continua in modo invariato. L'Italia non sarà nemmeno interessata da chiusure di filiali degne di nota oppure da licenziamenti condizionati dall'azienda”. Del resto, al momento, non è stato comunicato alcun avvio delle procedure di mobilità e l'attività delle filiali sembra procedere regolarmente.
La UIL TuCS del Trentino provvederà comunque a richiedere un incontro per chiedere chiarimenti sul futuro delle quattro filiali trentine di Trento, Mezzolombardo, Borgo Valsugana e Imer. M.S.
(fonti: Frankfurter Rundschau, Dolomiten,Handelsblatt, www.gdoweek.it, Stern, www.ver.di.de)

martedì 3 aprile 2012

PERCHÈ LIDL DOVREBBE APPLICARE L'ACCORDO PROVINCIALE PER IL PAGAMENTO DELLA MALATTIA?

Il pagamento della malattia è stato rivisto nell'ultimo rinnovo del contratto nazionale del commercio, applicato anche da LIDL Italia. Dal 1° aprile 2011 nel corso di ciascun anno di calendario (dal 1 gennaio al 31 dicembre) i primi tre giorni di malattia vengono pagati al 100% per i primi due eventi “morbosi”, al 66% per il terzo evento ed al 50% per il quarto ma cesserà di essere corrisposta a partire dal quinto evento. Dal terzo giorno in poi valgono le regole di sempre, con pagamento al 75% per i giorni dal 4° al 20° e al 100% dal 21° in poi fino al termine del cosiddetto “periodo di comporto” (fino al 180° giorno di malattia).
In verità, esiste un accordo del 24 luglio 1987, per il trattamento di malattia ed infortunio per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi operanti nella Provincia autonoma di Trento, sottoscritto da Unione Commercio Turismo e Attività di Servizio (Confcommercio) , FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL, UILTUCS UIL che integra da allora i contratti nazionali garantendo il pagamento al 100% della malattia dal 1° al 180° giorno.
Tale accordo viene applicato ad oggi dalla maggior parte delle aziende del settore presenti in Provincia di Trento, anche da quelle avente sede legale in altre regioni oppure all'estero, aderenti o non aderenti a Confcommercio, mentre là dove non viene applicato, i sindacati stanno avviando azioni legali per garantire il rispetto delle norme in esso contenute e, ad oggi, mai disdettate dalle parti firmatarie e quindi a tutti gli effetti in vigore.
Convinte delle proprie ragioni, FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL, UILTUCS UIL hanno scritto a LIDL congiuntamente una richiesta di applicazione dell'accordo in data 02/11/2011 alla quale l'azienda tedesca ha risposto in data 21/12/2011 dichiarando di non essere tenuta ad applicare tale accordo in quanto, per tutti i punti vendita, viene applicato esclusivamente il CCNL non essendo mai stata iscritta alle associazioni datoriali firmatarie di tale accordo e comunque non avendo mai dato applicazione allo stesso. In base a tale logica, non aderendo a CONFCOMMERCIO, LIDL Italia potrebbe ritenersi esentata dal dover applicare perfino il contratto nazionale, firmato dalla stessa associazione datoriale che ha sottoscritto l'integrativo provinciale, sentendosi libera da vincoli per quanto riguarda la parte normativa e retributiva in esso contenuta.
Non è così e non potrà accadere per il principio “erga omnes” : l'accordo sindacale non produce effetti solo per chi aderisce alle organizzazioni firmatarie altrimenti, molto banalmente,anche gli aumenti contrattuali dovrebbero essere concessi solo agli associati ad una delle organizzazioni sindacali firmatarie. Lo stesso principio vale per i datori di lavoro. Esiste peraltro un'ampia giurisprudenza in merito e LIDL Italia sicuramente – e non potrebbe essere altrimenti – ne è a conoscenza. La risposta data ai sindacati il 21/12/2011 quindi non è da questo punto di vista giuridicamente giustificata. Va aggiunto peraltro che il rispetto della contrattazione territoriale è parte importante contenuta nel CCNL del commercio, anche nel testo rinnovato, e lo è da sempre. Quando LIDL Italia ha cominciato ad insediarsi in Trentino, l'accordo territoriale del 1987 era già in vigore, ed era esigibile già allora da parte di lavoratori proprio perché l'azienda tedesca, pur non aderendo a Confcommercio, in base al sopra citato principio “erga omnes” applicava il CCNL del commercio nazionale. Esattamente come fa oggi.
In aggiunta, LIDL Italia ha sottoscritto in data 30/11/2009 un accordo con CGIL CISL UIL, che non dice né aggiunge nulla riguardo al trattamento economico della malattia ma che nella “clausola di salvaguardia” fa salve le condizioni di miglior favore in essere”. E il trattamento della malattia come da contratto provinciale è esattamente una condizione di miglior favore preesistente alla stipula di tale accordo.
Peraltro, a livello europeo, LIDL Italia ha sviluppato strategie diverse da paese a paese. In alcuni Stati aderisce alle associazioni datoriali. In altre, come in Spagna, sotto pressione sindacale ha applicato contratti territoriali volti a migliorare il pagamento degli straordinari. Non è quindi fuori luogo richiedere ad una azienda con logiche da multinazionale l'applicazione di contratti migliorativi territoriali.
Oltre che fondata dal punto di vista giuridico, la richiesta di applicazione dell'integrativo provinciale sulla malattia apre le porte all'applicazione del contratto integrativo provinciale, che al momento prevede maggiorazioni per il pagamento del lavoro domenicale a dicembre (pagate al 70%) e ad un consistente miglioramento della retribuzione dei dipendenti LIDL in Trentino. Un adeguamento, a dire il vero, alle condizioni già applicate dalle altre aziende del settore. Nulla di più.
Per questo la UILTUCS, dopo aver consultato i propri legali in merito alla ragionevolezza delle proprie richieste, sta avviando iniziative volte per informare i lavoratori sulla problematica, rimasta per troppo tempo sospesa, di comune accordo con i propri rappresentanti nazionali.
LIDL Italia è tra le aziende più sindacalizzate del settore, in Trentino non è stata toccata in modo particolare dalla crisi dei consumi, mentre anche a livello nazionale il settore Discount sembra essere l'unico a presentare dati ancora positivi. Non possono essere quindi ragioni economiche quelle che impongo a LIDL Italia di non applicare un accordo territoriale. Non ci interessa d'altra parte, mantenere lo status quo per quieto vivere, pur riconoscendo le difficoltà nel gestire relazioni sindacali con una struttura organizzativa complessa come quella di LIDL.
Per questo, valutata la partecipazione e l'interesse dei lavoratori e delle lavoratrici LIDL del Trentino, provvederemo a decidere le migliori iniziative volte a spingere l'azienda tedesca verso l'applicazione dell'integrativo. Convinti in questo che sia utile, oggi più che mai, fare chiarezza sulla materia e a ripagare i dipendenti con il giusto riconoscimento al loro lavoro, così come accade in tutte le aziende del settore della grande distribuzione. Rimanendo sempre a disposizione per chiarimenti.