venerdì 10 febbraio 2012

Domenica negozi aperti? In Tirolo non conviene ai datori di lavoro

19,62 euro lordi all'ora per i dipendenti in caso di apertura domenicale di un negozio. Un dato che spiega meglio di tanti concetti il perchè a nord del Brennero la concertazione tra parti sociali abbia fatto sì che il commercio garantisse un giusto equilibrio tra imprenditore-consumatore-lavoratore.
Stamattina al Consorzio dei Comuni la Uiltucs del Trentino ha proposto una mattinata di confronto sulle aperture domenicali. E Robert Mayrhofer, segretario per il Tirolo della Gpa-djp, sindacato dei lavoratori privati austriaci, ha fatto capire perchè ai datori di lavoro non convenga forzare con le aperture domenicali. Tornando a Trento, precisamente a Trento Nord, Pam (www.e-pam.it) intanto è convinto di poter vincere al Tar il 9 febbraio e poter aprire domenica 12, 19 e 26 febbraio tanto da annunciarlo sul proprio sito. Oviesse, all'interno dello stesso complesso del Bren Center, segue Pam e vuole aprire di domenica, interpretando alla lettera la liberalizzazione totale promossa dal decreto Monti. Walter Largher (segretario Uiltucs) ricorda che fu la stessa Pam a rompere la chiusura del sabato pomeriggio, ormai quasi due decenni fa.

Il primo intervento della giornata è stato quello di Franco Panizza, assessore provinciale alla cooperazione transfrontaliera, che ha sottolineato come «l'Euregio diventi terreno di confronto importante, visto che affrontiamo i problemi assieme, dall'ambiente alle politiche energetiche. Un'Unione europea che diventa sempre più grande rischia di diventare troppo burocratica, manca un po' di passione».

Mayrhofer parla dell'orario di apertura tirolese, tradotto da Lisa Bianchi. Negozi aperti 72 ore a settimana complessivamente, tra le 6 e le 21 dal lunedì al venerdì, dalle 6 alle 18 il sabato.
In Austria ogni Bundesland ha un proprio regolamento per quanto riguarda gli orari. In Tirolo è in vigore un sistema su tre livelli, con tre fasi: dal 15 giugno al 30 settembre la stagione estiva, dall'ultimo sabato di novembre al 19 dicembre la stagione preinvernale, dal 20 dicembre al lunedì di Pasqua la stagione invernale. Sono considerate località turistiche quelle con più di 500mila pernottamenti annui. «In alcuni negozi stanno cominciando a seguire orari domenicali più intelligenti – spiega – ad esempio dalle 15 alle 19, quando gli sciatori abbandonano le piste».
Tassativamente è vietato vendere di domenica mobili, apparecchi elettronici, auto. Tipologie di beni che si possono invece vendere in Trentino.
L'apertura domenicale, come già detto, comporta un 100% di supplemento sul salario orario dei lavoratori e vi sono delle clausole di salvaguardia anche per il lavoro al sabato: per un sabato pomeriggio al lavoro ce ne deve essere uno di riposo, per due al lavoro, due consecutivi di riposo.

Alessandro Olivi, assessore provinciale alle attività produttive, sottolinea come «in Austria la legge nazionale consenta la concertazione e disciplina una piattaforma commerciale diversificata. Nell'Unione europea non c'è una regola per la quale c'è una liberalizzazione assoluta nel commercio».
L'assessore lamenta la mancanza di una cultura bilaterale nel decreto Monti. «Sembra una "fuga in avanti", anche se partire dalle liberalizzazioni sembra la via più facile. Nel commercio comunque sono utili delle modernizzazioni».
Olivi rivaluta così la «sua» legge provinciale del 2010: «oggi tutti dicono che va bene, si diceva che era troppo "liberal", invece pone alcuni punti fissi ad esempio in materia di concertazione tra parti sociali. Il Decreto Monti – prosegue – non parla di modulazioni a seconda dei territori».
E difende quindi il disegno dagli attacchi di chi vorrebbe una liberalizzazione maggiore: «c'è una corsa a beneficiare da subito della liberalizzazione, una sorta di ansia da lucro captando. Ma non mi pare che i consumi siano in crescita. La nostra legge rimane conforme ai trattati europei e coerente con la direttiva servizi».

Largher ricorda di aver contestato a suo tempo la legge Olivi, ma ne rivaluta la «reale concertazione e le relazioni istituzionali con i comuni. Ci sarebbe la possibilità di favorire i centri storici con l'apertura festiva tenendo chiusi i centri commerciali, ma questo aspetto non è stato sfruttato né a Trento né a Rovereto. A Pergine invece almeno sono state accolte le indicazioni di chiusura in alcune festività».

Remigio Servadio (segretario Uiltucs Alto Adige) parla della situazione della Provincia di Bolzano, una «via di mezzo tra Trentino e Tirolo, con 11 domeniche di apertura (16+3 nelle zone turistiche)». Servadio menziona la nuova legge sul commercio che è «sul tavolo dell'assessore Widmann da tempo. Ci sono dei problemi per il part time, dobbiamo fare di più a livello di maggiorazioni, oltre a far muovere di più gli ispettori del lavoro». Il sindacalista altoatesino mette l'accento su un aspetto molto comune alle realtà commerciali: «molti sono costretti ad aprire, anche se in perdita, è una politica commerciale incomprensibile».

Paolo Cunego (Comitato Difesa Consumatori Trentino) sostiene che «durante la settimana vengano alzati i prezzi per compensare le perdite del finesettimana. Non penso che le liberalizzazioni comunque favoriscano la Grande distribuzione organizzata. Le liberalizzazioni non sono negative, noi siamo indietro in Italia sul commercio di 25-30 anni».

Giovanni Agostini (Fisascat Cisl) vorrebbe che «il contratto applicato in Tirolo diventasse la piattaforma di discussione anche in Trentino». Mayrhofer racconta di una protesta memorabile, quando il ministro dell'economia Schuessel voleva fare a meno di qualsiasi legge sulle aperture dei negozi. «In 300 rappresentanti sindacali aziendali occupammo il ministero per 3 giorni, con il ministro per il sociale che ci sosteneva, finchè abbiamo avuto una legge. Comunque tutto ciò che hanno promesso con le liberalizzazioni non è arrivato, non c'è più occupazione, ma vi sono più tempi parziali. Ci sono stati anche dei piccoli negozi che ci hanno chiesto di proteggerli da liberalizzazioni eccessive».

La categoria del commercio è cruciale anche per gli obiettivi di conciliazione famiglia-lavoro, visto che l'80% degli addetti sono delle lavoratrici. Tra i delegati in sala cresce la richiesta di «avere un giorno per dedicarci agli altri».Mattia Frizzera dal giornale online "www.lavalsugana.it".