Siamo giunti ormai alla
vigilia delle elezioni che consegneranno un nuovo governo alla nostra
Provincia autonoma per i prossimi cinque anni e per questo – da
un punto di vista strettamente sindacale e in maniera rigorosamente
super partes – ci è
sembrato opportuno andare a verificare l'attenzione dedicata dalle
vari compagini che si contendono un posto nel Consiglio provinciale
alle problematiche dei dipendenti del settore commercio. È cosa nota
infatti come, a seguito delle liberalizzazioni imposte dal “Decreto
Salva Italia” anche alla Provincia autonoma di Trento, i dipendenti
del nostro settore si trovino a far fronte a nuove ed estese aperture
domenicali e a sempre maggiori difficoltà di conciliazione tra tempi
di vita e di lavoro.
La
nostra analisi mostra come pochi abbiano dimostrato interesse verso
queste problematiche sebbene tocchino nel profondo la difesa dei
principi e delle competenze dello statuto dell'autonomia trentina.
Cosa è rimasto, in particolare, dell'impegno preso da PD e PATT in
vista delle elezioni politiche delle scorso febbraio, a “rafforzare
la rappresentanza autonomista in parlamento”
e riportare quindi alla Provincia autonoma le competenze sottratte in
materia di commercio? I buoni intenti, a Roma, sembrano essere
naufragati tra le priorità di governo delle “larghe intese” così
che oggi la coalizione del centro sinistra autonomista decide di non
esprimersi in merito. Il Partito democratico, in particolare - nelle
cui fila militava il precedente Assessore al commercio che pure si
era speso personalmente a difesa della normativa trentina da lui
ideata- nelle 70 pagine del proprio programma, parla di commercio
solo per ribadire la necessità di difendere i piccoli esercizi al
fine di contrastare lo spopolamento delle valli, trascurando
completamente il punto di vista dei lavoratori.
Nessun accenno al tema - da destra
a sinistra - traspare peraltro dai programmi del Movimento 5 Stelle,
Lega Nord, Forza Trentino, Agostino Carollo. A sorpresa, anche
Rifondazione comunista – nonostante la guida dell'ex sindacalista
Casagranda - nel proprio articolato programma di critica al
“Dellaismo”, non ha inserito alcun commento relativo alle
problematiche dei lavoratori del commercio.
In
maniera trasversale, solo SEL e Progetto trentino - partendo da
premesse diametralmente opposte - decidono di affrontare la
questione. Il partito di Arisi, parla della “volontà
di fare proprie le istanza dei sindacati italiani ed europei volte a
governare il settore con norme attente al rispetto dei
lavoratori/consumatori e del territorio”
per riportate il commercio ad una “una
dimensione più umana”
mentre PT pur nel
“rispetto delle liberalizzazioni nazionali” parla
dell'esigenza di
“incentivare
il rapporto tra commercio ed ente pubblico al fine di regolamentare
gli orari rendendoli compatibili anche con le esigenze dei
lavoratori”.
Sembra quindi che, in generale, il
mondo politico trentino non si renda conto del grave attacco alla
nostra autonomia derivante dall'applicazione delle liberalizzazioni
imposte dal “Decreto Salva Italia”di Monti, preferendo condurre
una campagna elettorale traboccante di vuota retorica autonomista che
-lo possiamo dare per certo - poco o nulla porterà alla causa dei
tanti lavoratori del commercio del Trentino.
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