Sono partito da Varsavia lo scorso sei gennaio –
nel giorno dell’Epifania – alla volta di Orio al Serio. Lungo il
tragitto verso l’aeroporto la macchina passa attraverso una
metropoli straordinariamente calma, tra negozi dalle serrande
abbassate e pochi passanti. Mi accorgo, subito dopo il decollo, di
stare sorvolando un centro commerciale, anch’esso chiuso e spento.
Le pubblicità dei soliti brand del commercio internazionale
spariscono dalla mia visuale con la stessa rapidità del nostro
prendere quota. Per reazione a decenni di economia pianificata i
polacchi di ogni colore politico hanno deciso di abbracciare i dogmi
del libero mercato senza se e senza ma operando un passaggio
piuttosto rapido- e non certo indolore - dal socialismo al liberismo
reale. La Polonia di oggi – ancora giustamente orgogliosa per la
riuscita organizzazione degli ultimi Europei di calcio – trasmette
energia e si perde nelle luci dei vari centrum handlowe,
spuntati come funghi nelle periferie delle principali città e
talvolta addirittura nel loro stesso cuore, andando ad occupare
vecchi siti di archeologia industriale. Per i centri urbani medi
questo passaggio alla “modernità” ha significato la morte dei
centri storici, oggi spopolati e occupati dalle insegne di compagnie
telefoniche, banche e “para-banche”: piccole finanziarie
dal credito pericolosamente facile.
Nella Polonia liberista non ci si è mai fatti troppi problemi:
alla domenica si apre sempre, in barba alle omelie della Chiesa.
Durante la settimana, i supermercati aperti fino alle 23
costituiscono la norma più che l’eccezione. Il sindacato qui è
troppo debole per fare qualcosa. Un ostacolo allo sviluppo economico,
dicono gli economisti e a noi fischiano le orecchie. Eppure, per
quanto riguarda le festività, non c’è storia: l’apertura dei
negozi all’Epifania e nelle altre ricorrenze crea ancora resistenze
tali nell’opinione pubblica da costringere perfino grandi catene
come Auchan e Carrefour alla chiusura.
Arrivo ad Orio al Serio che è già buio. Ad
illuminare la serata ci pensano le mille luci dell’immenso Orio
Center, addobbato per le festività natalizie ormai praticamente
terminate. Tra Polonia ed Italia non c’è un fuso orario
continentale ma solo un’ora e mezza di volo. Ne deduco che la
giornata dell’Epifania non è ancora passata e – ciononostante -
il grande shopping mall, come un formicaio, risulta essere nel
pieno delle sue frenetiche attività. Di più: proprio oggi, in un
estremo esercizio accademico di liberalizzazione, ha deciso di
sperimentare l’apertura 24 ore su 24. Mancava solo questo dopo le
“innovative” aperture dei supermercati lombardi a Natale. Mi
rendo così conto dopo pochi minuti dal mio rientro in patria che, in
meno di un anno e grazie all’azione del “governo dei tecnici” ,
l’Italia ha superato abbondantemente l’estremismo liberista
polacco per quanto riguarda l’apertura degli esercizi commerciali.
Di ritorno in macchina nel mio Trentino, penso
preoccupato a come le liberalizzazioni del commercio potranno
stravolgere i ritmi di vita di quella che è sempre stata una
tranquilla provincia alpina, apprezzata dai turisti italiani e
stranieri in quanto tale. Penso alla perdita di qualità della vita
per i lavoratori del settore e per gli stessi consumatori –
subdolamente invitati ad indebitarsi – che si andrà
inevitabilmente a creare e mi chiedo: è questa la “modernità”
di cui avevamo bisogno? Tutto questo ci porterà davvero fuori dal
tunnel della più grave crisi dei consumi dal Dopoguerra? Doveva
davvero, il nostro ex Presidente, decidendo di candidarsi a fianco di
chi queste liberalizzazioni le ha sostenute e promosse, rendersi
complice di un cambiamento del tessuto economico e sociale
provinciale tale da andare a cancellare ogni nostra specificità
territoriale? Distribuire qualche divisa da Schützen
o far insegnare nelle scuole le gloriose gesta della civiltà
trentina tirolese non basterà evidentemente a difendere l’autonomia
trentina dall’omologazione al modello padano-veneto. Innsbruck
intanto, con la difesa delle sue chiusure domenicali, sembra nel
frattempo sempre più lontana. Ma qualcuno, evidentemente, finge di
non essersene accorto. (Matteo Salvetti)
Lettera pubblicata da "L'Adige" il 14 gennaio 2013
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