martedì 19 febbraio 2013

UN VIAGGIO EUROPEO NELLE LIBERALIZZAZIONI

Sono partito da Varsavia lo scorso sei gennaio – nel giorno dell’Epifania – alla volta di Orio al Serio. Lungo il tragitto verso l’aeroporto la macchina passa attraverso una metropoli straordinariamente calma, tra negozi dalle serrande abbassate e pochi passanti. Mi accorgo, subito dopo il decollo, di stare sorvolando un centro commerciale, anch’esso chiuso e spento. Le pubblicità dei soliti brand del commercio internazionale spariscono dalla mia visuale con la stessa rapidità del nostro prendere quota. Per reazione a decenni di economia pianificata i polacchi di ogni colore politico hanno deciso di abbracciare i dogmi del libero mercato senza se e senza ma operando un passaggio piuttosto rapido- e non certo indolore - dal socialismo al liberismo reale. La Polonia di oggi – ancora giustamente orgogliosa per la riuscita organizzazione degli ultimi Europei di calcio – trasmette energia e si perde nelle luci dei vari centrum handlowe, spuntati come funghi nelle periferie delle principali città e talvolta addirittura nel loro stesso cuore, andando ad occupare vecchi siti di archeologia industriale. Per i centri urbani medi questo passaggio alla “modernità” ha significato la morte dei centri storici, oggi spopolati e occupati dalle insegne di compagnie telefoniche, banche e “para-banche”: piccole finanziarie dal credito pericolosamente facile.
Nella Polonia liberista non ci si è mai fatti troppi problemi: alla domenica si apre sempre, in barba alle omelie della Chiesa. Durante la settimana, i supermercati aperti fino alle 23 costituiscono la norma più che l’eccezione. Il sindacato qui è troppo debole per fare qualcosa. Un ostacolo allo sviluppo economico, dicono gli economisti e a noi fischiano le orecchie. Eppure, per quanto riguarda le festività, non c’è storia: l’apertura dei negozi all’Epifania e nelle altre ricorrenze crea ancora resistenze tali nell’opinione pubblica da costringere perfino grandi catene come Auchan e Carrefour alla chiusura.
Arrivo ad Orio al Serio che è già buio. Ad illuminare la serata ci pensano le mille luci dell’immenso Orio Center, addobbato per le festività natalizie ormai praticamente terminate. Tra Polonia ed Italia non c’è un fuso orario continentale ma solo un’ora e mezza di volo. Ne deduco che la giornata dell’Epifania non è ancora passata e – ciononostante - il grande shopping mall, come un formicaio, risulta essere nel pieno delle sue frenetiche attività. Di più: proprio oggi, in un estremo esercizio accademico di liberalizzazione, ha deciso di sperimentare l’apertura 24 ore su 24. Mancava solo questo dopo le “innovative” aperture dei supermercati lombardi a Natale. Mi rendo così conto dopo pochi minuti dal mio rientro in patria che, in meno di un anno e grazie all’azione del “governo dei tecnici” , l’Italia ha superato abbondantemente l’estremismo liberista polacco per quanto riguarda l’apertura degli esercizi commerciali.
Di ritorno in macchina nel mio Trentino, penso preoccupato a come le liberalizzazioni del commercio potranno stravolgere i ritmi di vita di quella che è sempre stata una tranquilla provincia alpina, apprezzata dai turisti italiani e stranieri in quanto tale. Penso alla perdita di qualità della vita per i lavoratori del settore e per gli stessi consumatori – subdolamente invitati ad indebitarsi – che si andrà inevitabilmente a creare e mi chiedo: è questa la “modernità” di cui avevamo bisogno? Tutto questo ci porterà davvero fuori dal tunnel della più grave crisi dei consumi dal Dopoguerra? Doveva davvero, il nostro ex Presidente, decidendo di candidarsi a fianco di chi queste liberalizzazioni le ha sostenute e promosse, rendersi complice di un cambiamento del tessuto economico e sociale provinciale tale da andare a cancellare ogni nostra specificità territoriale? Distribuire qualche divisa da Schützen o far insegnare nelle scuole le gloriose gesta della civiltà trentina tirolese non basterà evidentemente a difendere l’autonomia trentina dall’omologazione al modello padano-veneto. Innsbruck intanto, con la difesa delle sue chiusure domenicali, sembra nel frattempo sempre più lontana. Ma qualcuno, evidentemente, finge di non essersene accorto. (Matteo Salvetti)

Lettera pubblicata da "L'Adige" il 14 gennaio 2013

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