lunedì 12 settembre 2011

SOLIDARNOSC TRA GLORIE PASSATE E INCOGNITE FUTURE

SULLE TRACCE DI SOLIDARNOSC – PARTE PRIMA
Il Forum trentino per la Pace e I Diritti Umani all'interno del percorso “Per una cittadinanza Euromediterranea” ha proposto un viaggio formativo in Polonia che vede protagoniste le reatà sindacali trentine CGIL e UIL. Dal 7 all'11 settembre 6 rappresentanti di CGIL, 6 di Uil e 4 del Forum per la Pace attraverso incontri con il sindacato di Solidarnosc e docenti dell'Università di Varsavia avranno la possibilità di indagare gli accadimenti del passato per riflettere insieme sul presente e sul futuro del mondo del lavoro e delle trasformazioni sociali che investono l'Europa.
Sfoglio la rivista della compagnia aerea polacca sull'improbabile aereo che ci porta da Varsavia a Danzica. L'editoriale e' di Lech Walesa, l'elettricista amico del Papa e premio Nobel per la pace che negli anni ottanta ha guidato la rivolta pacifica di Solidarnosc, sindacato-movimento in grado di portare il regime comunista al collasso, primo tassello del domino che ha fatto cadere una dopo l'altra tutte le repubbliche socialiste dell'Est. Walesa - a cui da vivente e' stato dedicato l'aeroporto di Danzica - e' rimasto un mito all'estero ma ha concluso la sua carriera politica in patria in maniera umiliante. Primo presidente della Polonia libera nel 1990, alle elezioni del 2000 raccolse l'1 per cento dei voti. E la sua vicenda fa il paio con quella di Solidarnosc: 10 milioni di iscritti nell'Ottanta crollati anno dopo anno fino ai 600.000 attuali. Dura spiegare agli operai che avevano lottato da eroi per conquistare elementari diritti civili e politici che la tanto agognata libertà significava, nell'immediato, il diritto dei nuovi padroni delle fabbriche a licenziarli in massa, lasciandoli liberamente al loro destino. Dura per i sindacalisti andare a fare assemblee sulle opportunità offerte dalla società di mercato a dei lavoratori abituati da decenni a vivere in un mondo dove non si trovava la carta igienica ma l'impiego era comunque garantito a tutti, al di la' e al di sopra di ogni convenienza economica.
Oggi Walesa celebra la sua rivincita. Il suo editoriale e' sullo stile del Berlusconi più pimpante, quello del nuovo miracolo economico e del milione di posti di lavoro. La differenza sta in un particolare: in Polonia il miracolo c'e davvero. Mentre nel Belpaese siamo alle prese con una sostanziale stagnazione cominciata ben prima della grande crisi, qui l'economia cresce al ritmo del 4%, estensione della piattaforma produttiva di una Germania proiettata di nuovo a Est, questa volta non per ridurre la splendide città polacche in un cumulo di macerie ma per portare occupazione e benessere.
La strada che porta dall'aeroporto di Danzica al centro e' costellata da cantieri. I bar sul lungofiume hanno l'atmosfera elegante e cosmopolita delle più incantevoli città europee. Gli amici del sindacato sono sicuri: i lavoratori polacchi rifarebbero tutto, solo qualche nostalgico vorrebbe tornare indietro. Ce lo raccontano mentre si discute di come provare a contrastare assieme lo strapotere delle multinazionali del manifatturiero e della distribuzione, che l'avranno sempre facile fino a quando potranno contare sull'assenza di collegamenti e strategie comuni tra i sindacati nazionali. E pensiamo che questa sia una delle strade più importanti per costruire fino in fondo la cittadinanza europea.
Franco Ianeselli – Segreteria CGIL del Trentino


SULLE TRACCE DI SOLIDARNOSC – PARTE SECONDA
Incontriamo i responsabili di Solidarnosc nella loro sede di Danzica che ci illustrano i cambiamenti nella società e nel mondo del lavoro in Polonia dai tempi degli scioperi ad oggi. Le descrizioni sembrano riguardare un'epoca molto più remota dei trent'anni che ci separano da quei fatti. Il cambiamento avvenuto appare violento. Ci narrano di coloro che parteciparono alle famose manifestazioni ai cantieri navali Lenin di Danzica che contribuirono alla caduta del regime. Ne è valsa la pena passare da una società senza libertà, arretrata economicamente ma che dava una seppur modesta garanzia dei bisogni essenziali, quali la sicurezza dei posti di lavoro, ad una condizione di maggior libertà di pensiero, di azione, di iniziativa ma con tutti i risvolti negativi di un'economia di mercato? Ci spiegano che per la grande maggioranza la risposta è ancora si, ne valeva la pena. Certamente lo sviluppo dell'economia è evidente, come sono evidenti dalle analisi dei responsabili di Solidarnosc, le conseguenze di questo cambiamento del mercato del lavoro: la disoccupazione seppur a livelli non eccezionali è aumentata in modo significativo, la progressiva instabilità dei rapporti di lavoro, la flessibilità sempre più accentuata (la Polonia ha la percentuale di lavoratori più elevata a contratto determinato), l'abbassamento delle tutele. Colpisce come partendo da storie diverse, contesti economici assolutamente dissimili in relativamente pochi anni le problematiche che attanagliano il mondo del lavoro polacco somiglino in maniera inaspettata a quelle del nostro Paese.
Uscendo dall'albergo rivolgi lo sguardo a destra e a non più di 100 metri un centro commerciale di circa 40000 mq, a sinistra forse a 150 metri un altro molto più grande. Entrati potresti essere in qualsiasi cittadina europea. I negozi gli stessi come ovunque: H&M, Intimissimi, Intersport, Obi, etc.
L'incontro di ieri con Jan Cuber, giovane sindacalista poco più che trentenne che segue per Solidarnosc le aziende della grande distribuzione in Polonia, ci conferma che le problematiche del settore sono le stesse anche qui; lavoratrici che tra mille difficoltà provano a conciliare orari di lavoro in negozi aperti 7 giorni su sette dalle 8 alle 23 in assenza di una legislazione che ha lasciato completamente mano libera in termini di aperture. Solidarnosc è in difficoltà sia a rappresentare i lavoratori del settore sia a creare relazioni sindacali stabili in aziende con sede legale in Germania, Svezia, Inghilterra, Italia e in assenza di associazioni datoriali che in Polonia non si sono ancora costituite. Solidarnosc per uscire da questo empasse ha deciso di alzare l'asticella dello scontro chiedendo a lavoratori e clienti di segnalare attraverso un sito internet, dove viene rappresentata una cartina della Polonia, abusi e violazioni contrattuali delle aziende. Il sito ha ricevuto in pochi giorni oltre 3000 mails di segnalazioni e sta facendo discutere il mondo del lavoro polacco.
Condivisa, al termine dell'incontro, la necessità di un sindacato che come le aziende deve assumere, se vuole davvero incidere nelle dinamiche e nell'organizzazione delle multinazionali, modalità d'intervento di livello europeo. La globalizzazione del lavoro impone la globalizzazione dell'azione sindacale.
Walter Largher e Gianni Tomasi – Segreteria UIL del Trentino

SULLE TRACCE DI SOLIDARNOSC – PARTE TERZA

Giornata intensa quella di oggi, tre docenti universitarie attraverso le loro parole ci proiettano nella Polonia di ieri e di oggi. Alle 10 incontriamo al caffè "Chlodna 25" nel vecchio quartiere ebraico Agata Dziewulska, insegnante presso il Centrum Europejskie dell' Università di Varsavia. Per due ore ci riporta nella Polonia prima dell'89 facendo emergere i ricordi dell'infanzia. Inizia il suo viaggio nella memoria parlando di come siano i colori la cosa che maggiormente è cambiata, prima tutto era grigio, fatto di colori scuri: palazzi, vestiti, mobili, negozi. Bisogna forzare l'immaginazione per ricreare la Varsavia di allora, adesso le insegne luminose e i cartelli pubblicitari fanno della città un luogo in cui i colori trovano posto ovunque. Forse in omaggio alla nostra delegazione ci racconta del suo viaggio in Italia assieme ai genitori nel 1981 a bordo di una Fiat 126 stipata di tutto il necessario per resistere un mese a costo zero dopo aver aspettato per mesi il permesso per uscire dal suo Paese ed aver superato una serie infinita di domande da parte della polizia, per non parlare dell'iter burocratico a cui venivano sottoposti coloro che volevano visitare un paese occidentale. Agata ha vissuto nel quartiere a ovest di Varsavia, una serie di edifici nuovi ma senza collegamenti stradali con il centro della città fino alla metà degli anni '90. Sono stati gli abitanti della zona a costruirsi una via di collegamento prendendo il cemento dall'aeroporto, auto organizzandosi e pensando assieme a come poterla sistemare, superando le difficoltà in gruppo. Con un sorriso dolcissimo e gli occhi ridenti ci dice che Solidarnosc non è stata una sorpresa, ma una logica conseguenza del regime comunista. Ci dice che per capire cosa volesse dire essere polacco negli anni '80 bisogna comprendere il termine “arrangiarsi”: non si comprano le cose ci si arrangia! Non c'era comunicazione tra “l'autorità” e la gente, se c'era bisogno di qualcosa era alla gente che si chiedeva non all'autorità. Concludiamo la chiacchierata con Agata facendo il gioco “Il codice universale dei discorsi”. Ci da un foglio con 4 colonne in cui ci sono pezzi di frasi, unendo qualsiasi frase della colonna uno a una qualsiasi frase delle colonne successive si ottiene un testo logico. Il numero di possibili combinazioni è pari a 10000. Una quantità sufficiente a garantire quaranta ore di discorso. Per dieci minuti a turno proviamo ad essere noi “L'autorità” e riempiamo la stanza di proclami con le più disparate combinazioni.
Mentre ci rechiamo all'altro appuntamento passiamo attraverso la "Via della Memoria", all'interno dell'antico ghetto, che ricorda oggi le atrocità commesse in quegli anni.
Alle 14 incontriamo Małgorzata Fuszara avvocato e sociologa, collaboratrice nella stesura di testi legislativi sulla parità di genere. Durante il periodo comunista il salario delle donne era comunque più basso del 20%, ma erano garantiti diritti sociali che ora non sono pensabili. Infatti c'è stato un cambiamento significativo nel mondo del lavoro per le donne: il 51% della disoccupazione riguarda il mondo femminile, e di queste una percentuale maggiore sono laureate, senza contare che la disoccupazione femminile dura di gran lunga più tempo rispetto a quella maschile. Un problema che riguarda più le donne che gli uomini sono i contratti a progetto, che nella traduzione polacca vengono chiamati “contratti spazzatura” e non prevedono alcuna tutela dei diritti, se non le ventuno settimane per la maternità. Non posso fare a meno di pensare che nonostante tutto, il documento di Solidarnosc alla fine è stato firmato solamente da una donna tramviere!
Concludiamo la giornata incontrando Joanna Kurczewska, sociologa e storica delle idee, coautrice del libro “Solidarność and Conflict 1980/1981”, impegnata nello studio della società civile nella Polonia post-comunista. Il focus del suo intervento ruota attorno al ruolo dell'organizzazione sociale. Se si vuole capire la Polonia del ventunesimo secolo bisogna chiedersi quale fu l'istituzione più importante nel sistema precedente per poterla paragonare e vedere la differenza ideologica e sociale. Nel regime comunista l'istituzione più importante era l'azienda in cui si lavorava, un'istituzione non totalitaria ma totale (che garantiva all'interno della struttura in cui si lavorava l'asilo, l'associazione pensionati, etc...). Le aziende dopo l'89 hanno smesso di svolgere questa funzione sia nel pubblico che nel privato, allora la persona cerca di trovare questa nelle iniziative locali. Nelle inchieste condotte da sociologi e politologi la realtà più importante è la fiducia territoriale. La maggior parte dei polacchi ha fiducia nelle persone che li circondano. Credo che questa sia l'eredità che fa della Polonia un Paese che è riuscito a superare il periodo di transizione senza però obliare totalmente il passato che sembra non appartenerle più.
Martina Camatta – Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani

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